La Bresaola della Valtellina Igp è solo la punta dell’iceberg; a valle ci sono un’infinità di prodotti etichettati come tipici ma caratterizzati da disciplinari che consentono tutto, anche l’inganno. E’ un problema che non riguarda solo le denominazioni già registrate, ma anche e soprattutto quelle allo studio o in via di definizione. I progetti portati avanti da produttori e industriali, di questi tempi sembrano sposare in pieno il modello della Bresaola della Valtellina Igp. Ecco ad esempio che il progetto dell’IGP riso Valle del Po vorrebbe, per voce dei promotori etichettare come Igp e con il nome di Arborio anche il Volano, oppure etichettare il Karnak con il nome di Carnaroli ed Il loto col nome di Sant’Andrea, ecc. (in parole povere risi diversi con lo stesso nome). Ma è solo uno dei tanti esempi, la volontà comune è quella di ottenere denominazioni protette senza vincoli da sfruttare al massimo.
Questa strada che alcuni hanno percorso e che altri cercano di percorrere è inaccettabile e rischia di danneggiare l’immagine e la serietà di tutti i prodotti tipici italiani.
Le Dop e Igp avrebbero dovuto imporsi come marchi di garanzia, a tutela delle produzioni tipiche italiane. In molti hanno deciso invece di sfruttarle esclusivamente per fini commerciali e per attingere a più finanziamenti, portandole però (soprattutto nel caso Igp) verso la disfatta.