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La Monnezza e la ristorazione veloce.

Che fine ha fatto la raccolta differenziata? A chiederselo sono in molti guardando i mucchi di mondezza sparpagliati per le strade d’Italia e che stanno riempiendo impietosamente quelle tristi buche chiamate discariche. Sono in molti a chiedersi all’interno di tutto quel pattume quale sia ad esempio la percentuale di rifiuti organici facilmente recuperabili e restituibili senza danno all’ambiente. Alcuni sono andati anche a guardare alcuni sistemi di ristorazione veloce che a quando pare non fanno della raccolta differenziata il loro fiore all’occhiello e utilizzano comodi armadietti che inghiottono l’intero contenuto dei tristi vassoi di plastica in cui si mangia. Carta, plastica, polistirolo e pezzi di cibo, tutti “sostenibilmente “ insieme nello stesso sacco scuro.
Importante e non mi riferisco a nessuno in particolare, è fare in fretta e ridurre i costi di mano d’opera, esorbitanti in Italia. La strada sicuramente non è quella giusta perché l’ambiente sta per presentare il conto che si preannuncia salato. Nel frattempo godiamoci la nostra immagine internazionale che di questi tempi a colpi di “mondezza” è stata veicolata in tutto il globo.

Biodisel dal grasso bovino, in Brasile è realtà.

Interessanti notizie in materia di energia giungono dal Brasile, via Terra e Vita, il settimanale dell’agricoltura edito da Edagriocole. Il paese sudamericano, da molto tempo all’avanguardia in materia di biocarburanti da fonte rinnovabile ha visto di recente l’inaugurazione di un’impianto per la produzione di bio combustibile da grasso animale. Il biodisel “da Bistecca” come è stato chiamato potrebbe coprire addirittura il 18% del fabbisogno nazionale (percentuale che da la corretta dimensione della portata dell’iniziativa).
La notizia apre un varco importante nella produzione di bioenergia nel riutilizzo degli scarti della macellazione. Una strada senza ritorno nel segno della sostenibilità.

Anche i giochi ora sono un pericolo per la salute dei nostri bambini. E l’autocontrollo di produzione che fine ha fatto?

Molti giochi per i nostri bambini. I tempi in cui ne arrivavano in regalo un paio all’anno sono passati. Ora la grande disponibilità di giocattoli a basso costo oltre a sommergere i nostri bambini di giochi guardati un paio di volte e poi lasciati a se stessi, sta riempiendo le nostre case di cianfrusaglie destinate inevitabilmente a raggiungere in breve tempo le discariche. Ho già sollevato parecchio tempo fa il problema, la troppa plastica che utilizziamo per cose futili sta iniziando ad essere un grosso problema. Come se non bastasse iniziano ad arrivare notizie di vernici tossiche utilizzate in alcuni stabilimenti cinesi e finite in alcuni dei più popolari giochi per bambini. Prodotti ritirati immediatamente dal mercato ma che sicuramente saranno finiti nelle mani di molti bambini. Sono stati inoltre sequestrati in questi giorni migliaia di giocattoli della Mattel in un deposito a Novara, una delle case produttrici più importanti al mondo, uno di quei marchi che danno sicurezza ai genitori. Inevitabilmente ci si pone il quesito ai controlli e soprattutto all’autocontrollo e a tutte quelle certificazioni di qualità sempre in evidenza ma che evidentemente da qualche parte fanno acqua. In conclusione la sicurezza invece di aumentare diminuisce e non c’è bollo CEE contraffatto che tenga se poi anche tra i marchi più importanti spuntano giocattoli non sicuri.

I consumi energetici, le risorse che muovono e la loro incompatibilità con una corretta politica ambientale.

Si sente spesso parlare di politica ambientale, di salvaguardia dell’ambiente e di rischio per il nostro pianeta. Sotto accusa finiscono sempre le abitudini di noi uomini e le pratiche che seguiamo per garantire il nostro sostentamento, anche se raramente ci si ricorda di differenziare queste in indispensabili e non. Sono proprio le nostre abitudini non strettamente necessarie e i nostri consumi eccessivi a costituire un pesante rischio per il nostro pianeta. Il quesito che dovremo iniziare a porci riguarda proprio i nostri consumi eccessivi e se potranno mai essere disincentivati visti i capitali che muovono. Parliamoci in modo chiaro e onesto invece di puntare l’indice contro questo o quell’altro problema. E’ auspicabile che la politica energetica faccia finalmente i conti contro gli interessi legati ai consumi, altrimenti è inutile abbozzare qualsiasi tipo di discorso, protocollo di Kyoto compreso.

Caldo ed energia, il costo ambientale dei condizionatori d’aria.

Sono bastate poche ore di caldo torrido dopo circa un mese al di sotto delle temperature medie per portare la nostra nazione in allarme energetico. Il sistema al momento regge ma siamo agli inizi di un’estate che promette di rivelarsi molto calda. A determinare il grande assorbimento di energia sono principalmente i condizionatori d’aria, ormai utilizzati più che per alleviare le sofferenze causate dall’afa per mantenere all’interno di abitazioni e uffici assurde condizioni di fresco. Per intenderci, un condizionatore dovrebbe essere utilizzato per mantere temperature intorno ai 23- 25° Celsius, condizioni vivibilissime considerata anche l’azione deumidificante. Accade però spesso che molti condizionatori lavorino a temperature a volte anche al di sotto dei 20° che oltre a non essere proprio salutari per l’uomo rappresentano un pesante costo ambientale di cui si dovrebbe tener conto.

Credo sia giunto il momento di regolamentare l’utilizzo di questi elettrodomestici, cosa assai difficile visto che al costo ambientale vengono sempre anteposti i ricavi da consumo energetico.

Il protocollo di Kyoto è prigioniero di grandi interessi economici e non di Bush.

Grande tensione al G8 in corso in Germania, in seguito alla poca disponibilità degli Stati Uniti a rivedere le proprie posizioni in materia ambientale in termini di emissioni di gas serra. Che gli States fossero restii ad aderire al protocollo di Kyoto è da tempo arcinoto e la causa non è Gorge W Bush ed è pertanto sbagliato puntargli contro l’indice. Contrario ad una nuova politica ambientale di riduzione delle emissioni è il sistema produttivo statunitense e non Bush. Un presidente non può andare contro i propri elettori.

Il problema è un’altro e riguarda l’incapacità della comunità internazionale di creare un progetto comune di tutela dell’ambiente condiviso e applicato da tutti. Il protocollo di Kyoto è probabilmente utopia, è irrealizzabile e andrebbe accantonato in favore di un piano magari meno risolutivo ma condiviso dal principale responsabile di emissioni di gas serra, gli USA.

Si può vivere sommersi dai rifiuti?

Rifiuti ne produciamo sicuramente troppi. Quelli che produciamo, anche se troppi vanno adeguadamente smaltiti per ovvie ragioni igienico sanitare e ambientali. La situazione che sta vivendo la regione Campania in questo momento è a dir poco sconcertante.  E’ inammissibile che una regione italiana si trovi in una situazione così anomala che denota la più totale assenza di pianificazione delle esigenze territoriali. Nessuno vuole discariche e termovalorizzatori ma almeno questi ultimi in zone appropriate consentirebbero di risolvere i problemi con un impatto ambientale molto ridotto.

Il nostro più grande problema è l’anidride carbonica?

Secondo il premio Nobel Carlo Rubbia le emissione di Anidride Carbonica sono un vero disastro e continueranno ad aumentare del 2% annuo. La tendenza è quindi contraria a quanto previsto dal protocollo di Kyoto.

Le emissioni di CO2 nell’atmosfera sono quindi un disastro ed è vero in quanto sono tra le prime responsabili del surriscaldamento del nostro pianeta e dell’effetto serra. La CO2 (lo 0,03 % dei gas presenti nell’atmosfera (azoto 78% e ossigeno 21%)) viene organicata dalle piante andando a costituire i carboidrati e più in generale tutte le biomasse vegetali. E’ pertanto evidente che oltre a ridurre le emissioni vadano intensificate le produzioni vegetali per controllare questo gas.

In conclusione le emissioni di CO2 sono uno dei problemi che affliggono il nostro pianeta. Per migliorare la situazione e quindi cercare di attenersi all’ignorato (finora) protocollo di Kyoto è indispensabile molta determinazione e soprattutto grande serietà da parte di chi amministra il nostro territorio. E’ inammissibile che una risorsa produttiva e ambientale come l’agricoltura sia costantemente messa in discussione per ragioni di consumo idrico, quando questo è l’unico sistema vitale ciclico in grado di attenuare gli squilibri portati dall’uomo e dalle sue abitudini. La CO2 è un grande problema ma molte sono le soluzioni a nostra disposizione. Con meno superficialità e più competenza sarebbe tutto più semplice.

La generazione usa e getta.

Non ci sono più dubbi, la nostra è la generazione dell’usa e getta. All’invito a produrre meno rifiuti abbiamo risposto con i prodotti usa e getta, economici, di buoni propositi ma che diventano spazzatura quasi prima di essere utilizzati. Un tempo tutto veniva fatto per durare, oggi no, si produce esclusivamente per incassare il più possibile. Si va dal giocattolo che appena impugnato si distrugge tra le gracili mani di un bambino alle calze, diventate quasi monouso e praticamente impossibili da riparare. Sicuramente questa non è una strada che ci renderà agevole il futuro, sempre più delle discariche e dei termovalorizzatori (a quanto pare almeno buona fonte di business).

E’ già emergenza idrica per l’agricoltura italiana.

E’ iniziata con grande preoccupazione l’annata agraria 2007. L’assenza di precipitazioni (non illudano le piogge di questi giorni) in questo strano inverno, accompagnate da temperature fuori dalla norma stanno mettendo in allarme l’intero comparto agricolo. Molte colture sono già in avanzato stato vegetativo e risultano quindi esposte con forti rischi alle probabili gelate tardive, i pensieri però inevitabilmente corrono e vanno già al prossimo periodo estivo e alla situazione di emergenza che potrebbe verificarsi. Nella mente degli agricoltori rimangono ancora i disagi e le difficoltà della passata campagna che per alcuni comparti ha segnato forti perdite dovute alla siccità. La situazione è tutt’altro che semplice, l’acqua è un bene sempre più prezioso e non abbonda più come un tempo, la società pare non volersene rendere conto e si lascia andare a consumi e sprechi non sempre rispettosi dell’ambiente. Il problema più grande è però che la nostra società non vuole ancora toccare con mano la realtà e spesso si abbandona a considerazioni sciocche e infondate su presunti sprechi dell’agricoltura, riconversioni colturali, ecc. Considerazione sciocche perché non tengono conto del ruolo ambientale e nutrizionale dell’agricoltura e soprattutto dell’enormità degli sprechi determinati dalle nostre abitudini civili, queste si bisognose di una netta riconversione e di un’adeguamento ai tempi moderni. Un caro amico, tra i più esperti su questa materia mi dice sempre che finché non mancherà acqua nelle case la gente non capirà la natura del problema e la necessità di intervenire in modo deciso nella gestione delle risorse idriche. Personalmente mi auguro che mai si profili uno scenario del genere e che la nostra società capisca che è il momento di cambiare e di intervenire per garantirsi preziose riserve di acqua (i metodi per farlo si conoscono bene e purtroppo sono sempre osteggiati).

Pubblicato su Agricoltura.